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I profughi 1915 -1918

Lo scoppio della guerra con l'Italia diede avvio - nel maggio 1915 - alla massiccia evacuazione delle popolazioni trentine principalmente verso l'impero austro-ungarico, ma anche verso l'Italia, spesso internate in campi profughi.

In questi campi nacquero molti bambini registrati in libri appositi, alcuni dei quali (Mitterndorf, Braunau, Landegg), conservati e consultabili presso l'Archivio Diocesano Tridentino, sono riportati nella presente banca dati.

La guerra e le popolazioni civili

L'apertura del fronte italiano ebbe sulle popolazioni civili del Trentino effetti devastanti, come conseguenza diretta della situazione politico-nazionale e delle operazioni militari. I sospettati d'irredentismo vennero internati (circa 2.000 nel campo di Katzenau) o confinati (oltre 1.000). Nella zona interessata all'attività bellica – tutta l'area adiacente alla Lombardia ed al Veneto – si rese necessaria l'evacuazione in massa dei residenti, costretti a lasciare nell'arco di pochi giorni le case e le terre per essere avviati verso i lontani paesi dell'Austria inferiore e superiore, della Moravia, Stiria, Boemia, Salisburghese e perfino dell'Ungheria.

L'esodo coatto interessò oltre 70.000 profughi, alloggiati in baraccamenti – i maggiori dei quali furono Mitterndorf, Pottendorf, Braunau e Wagna – o presso famiglie, ma sempre in forme precarie e di estremo disagio dove le sofferenze dello sradicamento si legavano a quelle materiali dovute alla carenza dei primari beni di sussistenza.

L'avanzata italiana nel primo anno di guerra portava all'evacuazione d'autorità di coloro che si trovavano ancora sul territorio via via occupato, circa 35.000 persone trasferite nelle province del regno, sovente senza mantenere unite le comunità in base ai luoghi di provenienza e smembrando gli stessi nuclei familiari.

Tenuto conto dei richiamati nell'esercito austriaco, di coloro, non molti, che volontariamente erano passati in Italia, dei profughi nello stato asburgico e nel regno, il Trentino vedeva quasi dimezzata la sua popolazione assommante, in base al censimento del 1910, a 386.437 abitanti.

I residenti rimasti nelle zone considerate non pericolose, costituiti in massima parte da disabili alla guerra, donne e minori, vennero sottoposti al regime militare con l'obbligo al lavoro coatto, anche femminile, e colpiti da ripetute requisizioni di beni e derrate agricole. Ulteriori sofferenze erano date dalla rarefazione dei generi alimentari e di quanto fosse necessario ad assicurare un minimo vitale, mentre s'interrompeva l'attività produttiva per la mancanza della forza lavoro e per le distruzioni.

La sorte dei profughi trentini in Austria venne seguita con impegno da Alcide Degasperi fin dal 1915, ma fu solo con la riapertura del Parlamento nel maggio 1917, dopo la morte di Francesco Giuseppe, avvenuta nel novembre 1916, che la deputazione trentina, composta da sette rappresentanti popolari e da un liberale, riuscì ad intervenire in modo incisivo nella difesa dei loro diritti e per approntare un'adeguata assistenza, sollevando anche il problema dei danni economici provocati alle popolazioni dagli spostamenti compiuti in forma coercitiva e dalla guerra.

Alla fine del novembre 1917 le condizioni dei profughi vennero regolate con un testo legislativo finalizzato a togliere le cause di maggiore disagio, concedere sovvenzioni e permettere la libertà di scelta rispetto alla residenza, nei baraccamenti o presso famiglie.

Sorte peggiore venne riservata ai profughi in Italia, tranne che in alcune colonie modello situate nel settentrione. L'evacuazione non era stata preparata nella parte logistica, ed i profughi conobbero una diaspora in 264 comuni di 69 prefetture collocate in tutte le regioni del regno, comprese quelle del sud; alcuni di essi vennero internati perché sospettati di austriacantesimo.

La maggioranza si trovò costretta a fare fronte a condizioni igieniche disastrose, a malattie causate da sporcizia e da intolleranza all'alimentazione ed al clima, alla carenza di strutture scolastiche per i giovani, alla mancanza di lavoro, nonostante le iniziative delle Commissioni di patronato e le pubbliche denunce apparse sul giornale dei fuorusciti trentini, "La libertà".

Tratto da: “Percorsi di storia trentina” a cura di Lia De Finis

Pubblicato il: Martedì, 03 Dicembre 2019 - Ultima modifica: Lunedì, 08 Giugno 2020
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